In un universo di scocche grigie, nere, poco o nulla intriganti, l’eleganza del blu della workstation in test eleva l’asticella di molte tacche.
Quello che attrae, che si apprezza, è il contenuto dello chassis, il cuore dello strumento. Kurzweil ha strutturato un vero e proprio concetto, la trama dei suoni inseriti è alta, si gode una qualità audio frutto di uno studio intenso, che ha dato frutti ancora oggi interessanti.
Sebbene per alcuni versi il tempo trascorso dal lancio sul mercato della PC3LE7 incida sulla percezione odierna della tastiera, che in termini di complessità di programmazione sconta ogni primavera passata, nell’utilizzo risulta chiaro già nelle prime battute che si sia dinanzi ad un’ottima spalla musicale.
In questo senso, Enzo richiama alcuni episodi legati al suo uso professionale offrendo una prospettiva pratica che aiuta a comprendere cosa può conferire al mix (e come ne esca bene) d’insieme; ma non solo, il Nostro richiama un aspetto importante della performance sonora, l’emotività che a questa segue come stimolo che si riceve dall’ambiente e – non di meno – dallo strumento che si sta maneggiando.
Volendo tracciare il consueto parallelo, una chitarra realizzata in legno vibrante, che restituisce una serie di informazioni, di frequenze che solleticano le nostre di corde, emoziona certamente più di una poco comunicativa. Questo permette una espressione diversa, migliore, più profonda.
Tornando alla Kurzweil, panorama dei preset è vasto, non tutti sono eclatanti, molti di questi non saranno mai utilizzati, ma c’è un comparto bene assortito e ben fruibile tra suoni di organo, piano, sintetizzatori. Lo spunto del caro MeX è grande, anche questa volta: nonostante il prezioso lavoro di sound design compiuto, la tastiera risulta “umana”, con ciò intendendosi imperfetta il giusto da accostandosi alla natura umana, un po’ – se piace l’idea romantico-nostalgica – come la fotografia analogica sta all’uomo, con la sua grana, il suo dettaglio meno pronunciato rispetto al digitale, ma con il fascino che senza dubbio questo si porta appresso.
In chiusura, non volendomi dilungare sugli aspetti spiritual-musicali, dettaglio non di minor conto, l’uso della parola “cartella” (non quella di cui avere timore, tranquilli…) è strumentale alla comprensione della “botta sonora” (concedetemelo!) che contraddistingue un certo range di suoni del PC3LE7, e ne ha tanta!
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