La video-recensione del Nostro si apre con una scorribanda sulle note di un funk “jazzatissimo”, una incursione piratesca che il copricapo indossato dall’amico Enzo evidenzia facendo il paio con i toni musicalmente incalzanti, in un godibile dualismo dove il basso cammina sciolto ed il piano elettrico danza tarantolato.
Il momento che segue marcia diversamente, le atmosfere si placano, si attraversano i modelli di piano in un circo di musica da colonna sonora, che trasporta e consegna all’utente due chiavi, una per la porta verso visioni di albe sul mare, di tramonti montani e paesaggi dei sobborghi da pellicola con Hugh Grant, e l’altra per farsi una chiara idea della bontà del prodotto.
Trattandosi dell’ultimo arrivato degli stage piano di Clavia, il Nord Piano 5, una carrellata in campo lungo sarebbe stata sufficiente, la qualità è alta, ma a noi (lui) piace lasciarci guidare dagli ambienti sonori che gli strumenti creano. E se un piano con delay può creare qualcosa di interessante, allora lo sentiremo nel video e ne parleremo nelle righe che seguiranno.
Così, il caro MeX scende in campo (ad un certo punto con un fare che ricorda il 1994), unisce strings e pianoforti, apre scenari e ci mostra le potenzialità dello strumento, in effetti notevoli, anche ponendo l’accento sulla buonissima dinamica di cui dispone ed alle numerose possibilità di creazione sonora.
Se con il synth affiancato al flanger la ventata vanhaleniana si è impadronita di noi risvegliando alcune delle nostre più recondite passioni ottantiane – personalmente ne faccio ancora meno mistero: apprezzo – le caratteristiche e le novità del mezzo spingono la creatività ad un nuovo livello, le novità ci sono e il Nord Piano 5 risulta intuitivo, permettendo di accedere alle funzioni senza avventurarsi in menù da cui si esce invecchiati. I filtri e le modulazioni servono fedelmente l’estro, i preset sono variegati e di pregevole fattura.
Senza dubbio si è al cospetto di una tastiera che ha un suo carattere peculiare, l’ultima uscita di Clavia può coinvolgere, ammaliare, oppure no, forse qui risiede il “bello” del piano, nel non avere toni intermedi, come i suoi tasti la questione si tinge di bianco e di nero, poco spazio per posizioni intermedie, piace o meno, tertium non datur per dirla antica.
Quanto a me, sono ancora lì a mandare in play per l’ennesima volta la registrazione del White Grand e ad allentare le briglie della mente.
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