Diciamolo, la palette dei colori del video di MeX è più che mai variegata (termine che costituirà il leitmotiv dell’articolo), specie per la porzione bassa in cui vediamo l’amico alle prese con la batteria nel suo studio personale, avvolto da tante tonalità che strizzano l’occhio a quelle dei locali di Synth Cloud.
Il quartetto iniziale è caratterizzato da un sound asciutto, con un mix che di prima intenzione doveva essere particolarmente bilanciato, ma no, il Juno non lo ha permesso, è venuto fuori con una piacevolissima preminenza da strumento di buon livello, offrendo uno spunto maggiore ed una incisività che può apprezzarsi in vari e diversi contesti, in special modo live e sessioni d’improvvisazione.
Entrando, così, nel vivo del test, fa rilevare il Nostro che a volte la brillantezza può pagare, e bene, ma in altre situazioni può risultare eccessiva. La macchina offre in questo senso valide alternative, risolvendo la questione.
Una sferzata di anni Ottanta è venuta fuori durante la dimostrazione dei pianoforti elettrici, che personalmente ho adorato a differenza di quelli proposti da altre tastiere e non rientrando in genere nelle mie preferenze. Assieme ai sintetizzatori hanno decretato una piena promozione ai miei occhi (o, per meglio dire, alle mie orecchie).
I pad aprono orizzonti creativi da esplorare, gli archi, le predisposizioni per editare loop – meno i violini, che in ogni caso ci sono e possono far comodo – si fanno apprezzare per la qualità sonora, anche in relazione all’esborso economico che richiede la Roland, e per la completezza del catalogo.
In questo senso anche gli organi sono presenti, seppure non tra i più degni di nota per qualità, vista la concezione più datata dei preset, Il ventaglio di usi è notevole, si può attingere ad una varietà di pattern o crearne organizzandoli attivandone le parti con il pad illuminato; l’arpeggiatore è, per citare il caro Enzo, a portata di mano, e questo può fare la differenza.
La Roland Juno-DS, dunque, si pone come strumento a tutto tondo, capace di far fronte alle esigenze, un po’ tutte ma senza avere punte di eccellenza, in favore della presenza su tutti i fronti e di un peso contenuto.
Non è un caso che lo slogan apparso sul sito della casa giapponese sia “Viaggia come un chitarrista”, cosa che, da appartenente alla categoria, devo dire al giorno d’oggi relativamente comoda.
Mi dicono che Enzo sia rimasto per dell’ulteriore tempo chiuso nella saletta di Synth Cloud a ballare sul pattern dance (di gusto discutibile). Io questo però non l’ho detto, lo sappiamo solo noi, non fatene parola.