Partiamo da Yamaha Genos, la “Plasticona”, la più vecchia, la più collaudata.
Rappresenta il cambio epocale del comparto arranger di casa Yamaha. Dopo anni di Tyros hanno cambiato nome, sistema operativo, scocca e finalmente introdotto il touch screen, tra l’altro di dimensioni importanti (9 pollici) ma non più reclinabile. La macchina ha tra i suoi punti di forza proprio gli style, mi riferisco agli stupendi arrangiamenti che sono tuttora superiori alla concorrenza. I ballad/pop orchestrali, i movie/show e i jazz rasentano la perfezione. Sembra sempre che arrivi la frase giusta con lo strumento adatto nel preciso momento in cui me lo aspetto. Gli altri generi li uso poco, però quando mi è servita una beguine o qualche rock o valzer in un attimo ho trovato il necessario, e ciò significa che la macchina non ti lascia praticamente mai a piedi. Il comparto sonoro è valido, sia in quantità che in qualità, ma non mi ha mai fatto gridare al miracolo, le batterie sono un po’ piatte, i suoni sono sempre da ritoccare qua e là, è il tipico sound Yamaha, chi ha sentito Montage si rende subito conto che più o meno siamo li, in compenso è presente il CFX (il loro piano a coda di punta) che io adoro e che è stato indiscutibilmente il miglior pianoforte acustico in un arranger almeno fino all’uscita della Pa5X. Ora se la giocano loro due; Ketron, con Event, insegue ancora…..da lontano.
Genos è “forte” anche sugli FM (ovviamente) è una loro sintesi di punta e c’è all’interno veramente tanto materiale, i piani e i pad sono stupendi. La macchina inoltre offre 3gb di spazio aggiuntivo in cui caricare materiale extra, da suoni campionati a style audio ecc, la gestione avviene tramite YEM (Yamaha Expansion Manager) che ha lati positivi (protezione software e campionamento) e lati negativi (lento e macchinoso) però è indubbiamente uno strumento molto molto interessante soprattutto per i creatori di contenuti. A livello operativo per me rimane ancora l’arranger migliore, perché ha una struttura che definirei piramidale che si sposa perfettamente con la mia operatività, ovvero è organizzata a livelli: in cima ci sono le playlist che contengono le registration (i singoli brani) che contengono ben dieci memory ciascuna in cui si può memorizzare praticamente tutto: style, midi, song audio, suoni, multipad, split, controller, harmonizer, mixer…. Le memory poi possono essere cambiate con un pedale lasciando libere le mani. Naturalmente è possibile creare e modificare style a proprio piacimento anche con dei semplici copia incolla tra i vari disponibili. Ma una funzione presente e, per me indispensabile, è la registrazione step by step (o step record) che permette di memorizzare tutti gli accordi, le var, i fill, il tempo ecc. in modo da creare una base sopra la quale poter suonare liberamente a due mani, concentrandosi solo sulle note. Sono principalmente un pianista (classico) per cui il tipico uso “Accordi a sinistra e melodia a destra” non fa per me, anche se talvolta mi capita di fare qualcosa al volo, e in questo, la reattività della Genos è impressionante, sia con gli styles interni che con materiale (anche audio) di terze parti il ritmo è granitico, non si avverte MAI una sbavatura. La polifonia sembra illimitata, ho fatto suonare 16 tracce in contemporanea ognuna con effettistica, più i quattro suoni (left e tre right) e non è mai andata in crisi, evidentemente avrà un sistema evoluto che scarta le note meno significative, non lo so, so solo che non manca mai nulla di quello che si deve sentire. Ma, come in tutto del resto, sono presenti alcuni difetti che talvolta lasciano anche a bocca aperta: il primo in assoluto è la meccanica, è un compromesso che però dal mio punto di vista non va bene per nulla, suonare (bene) il pianoforte è impossibile, il controllo della dinamica non è assolutamente buono, i tasti non sono di dimensione standard (sono piccoli e scivolosi) e l’aftertouch è quasi inutilizzabile perché da una certa velocity in su non funziona. Manca una scheda audio interna (o forse c’è ma per qualche ragione di marketing non è attivata), gli slider non hanno memoria quindi con una minima variazione ci si può trovare ad un valore enormemente più distante, le seamless transitions sono pessime, a seconda dei casi c’è un piccolo stacco, una variazione importante di volume o il cambiamento dell’effetto (un disastro proprio) e dulcis in fundo l’impossibilità di fare un backup generale perché appena aumentano i files all’interno della macchina il sistema operativo non è più in grado di gestirli in blocco.
Comunque, in sintesi, la Genos ancora oggi rappresenta un grande punto di riferimento nel suo segmento e pur con alcuni difetti più o meno importanti l’acquisto è ancora consigliatissimo, l’unico dubbio è sul prezzo (troppo alto per una macchina a fine carriera) e sulla possibilità di ritrovarsi tra sei mesi/un anno con una macchina immediatamente invecchiata a causa dell’uscita (probabile) del nuovo modello; su questo servirebbe la sferetta di cristallo….
Passiamo in ordine meramente cronologico a Korg Pa5X, la workstation “Zoppa”.
Korg ha finalmente deciso di rinnovare il comparto arrangers riscrivendo da zero una macchina che ricorda una Pa4X sia esteticamente che come sistema operativo. Ovvero stessa struttura solida e robusta, più o meno stessi controlli fisici e stessa operatività. Ma si tratta in realtà di uno stravolgimento probabilmente anche superiore a quello che portò in campo Genos a suo tempo; e questo gli utenti lo stanno pagando a caro prezzo. Non mi riferisco al costo di acquisto ma al fatto che siamo di fronte ad una macchina incompleta: rispetto alla precedente top gamma mancano molte funzioni (per qualcuno indispensabili) e sono presenti diversi cosiddetti bug software che normalmente andrebbero risolti dai beta tester prima della commercializzazione. Korg ha deciso invece di consegnare al mercato un progetto incompleto che però attenzione, non è assolutamente fallimentare. La macchina alla prima accensione si presenta con un display capacitivo completamente rinnovato, più definito e più grande (8 pollici), grafica molto bella, reattività eccezionale e, soprattutto, reclinabile (l’unico della categoria); nulla a che vedere con il “francobollo” stile anni 80 delle precedenti serie. E’ stato aggiunto un secondo display a striscia (virtualmente derivato dalla Genos ma di qualità e operatività inferiore) che permette di avere sotto controllo le funzioni assegnate a slider e pulsanti, purtroppo non mostra simultaneamente parametro e valore, viene da domandarsi se i progettisti siano anche musicisti o abbiano solo la laurea in elettronica. L’operatività come dicevo è la stessa di tutte le Pa, songbook, set list e quattro keyboard set (personalmente avrei gradito un aumento a sei/otto perché quattro variazioni in una song, a me, spesso non bastano). E’ stato modificato il comparto player che ora può ospitare contemporaneamente sia song che style e le varie combinazioni possibili, lo trovo realmente molto utile e comodo con la possibilità di mixare in crossfade le due parti. La meccanica viene confermata e dal mio punto di vista è la miglior semi-pesata in commercio, senza se e senza ma; sulla versione ad 88 tasti invece è stata scelta una fatar tp100 custom (che credo sia in realtà la tp110 sotto mentite spoglie, marketing?) e, al di la del fatto che risponde molto bene, lascia dubbi sulla affidabilità e durata nel tempo, visto il costo importante della macchina una tp40 sarebbe stata più a fuoco. Fin qua tutto nella norma per quello che si potrebbe considerare un semplice aggiornamento, ma il vero e più importante cambiamento è nel comparto suoni (che chiaramente si riflette anche sugli style). Il salto c’è ed è notevole, la pasta sonora è decisamente più corposa e definita, molti suoni derivano dalle workstation ammiraglie Kronos e Nautilus che, a mio parere sono ancora oggi un punto di riferimento a livello sonoro. Ci sono quattro pianoforti acustici finalmente degni di questo nome Italian (Fazioli), German (Steinway), Austrian (Bosendorfer) e Japan (non ho riconusciuto il modello preciso), che suonano a meraviglia, li ho confrontati con la Nautilus e sono praticamente identici, il campione è solo un po’ più corto; suoni orchestrali caldi e avvolgenti, cori spettacolari, comparto synth esagerato….. insomma da questo punto di vista non ha rivali – e non solo tra gli arrangers! Mi aspettavo invece qualcosa in più negli style, certamente hanno beneficiato della pasta sonora di cui sopra però gli arrangiamenti restano sempre leggermente indietro rispetto a Yamaha. Sono stati aggiunti nuovi style (pochi ma buoni) e rieditati i precedenti, anche per mantenere una solida compatibilità con il passato. La Pa5X offre ben 4Gb (che diventano 8 compressi) di spazio aggiuntivo per caricare materiale di terze parti, o autoprodotto grazie ad un campionatore interno molto potente, inspiegabilmente ha ancora dei limiti troppo stringenti, che non vanno di pari passo con l’aumento della ram: uno su tutti sono i limitati banchi user che una volta riempiti diventano il collo di bottiglia. (io li ho già quasi tutti pieni occupando solo 800mb di ram…..spero in un aggiornamento anche in questo senso). Il sistema operativo, pur con le mancanze attuali, resta il migliore in assoluto permettendo regolazioni dettagliate tipiche di una workstation. Basta pensare alle zone liberamente configurabili sui quattro suoni, la gestione della polifonia in poly, mono last, mono right e mono left, la velocity sempre sui singoli suoni in modo da poter stratificare i suoni, e molto altro. Infine è rimarchevole l’introduzione delle smooth transitions (altro nome per identificare le seamless transitions) che qui funzionano nel miglior modo possibile, ovvero la coda dei suoni precedenti rimane totalmente invariata sia nel volume che negli effetti. Al momento non c’è altro da dire, si deve attendere la primavera/estate per un corposo aggiornamento che introdurrà alcune delle funzioni mancanti, oggi questa macchina funziona bene ma è adatta ad un utente che principalmente ci suona e basta.
E per finire la neonata Ketron Sd10……ops!…..chiedo scusa, Ketron Event.
La macchina è stata annunciata, con una efficace campagna di marketing, come una rivoluzione, un evento, e io da qui devo partire con un secco NO, e vedremo perché. Indubbiamente si presenta bene, ha una bella scocca abbastanza robusta, una meccanica spettacolare (uguale a quella della Pa5X, solo leggermente più morbida) e una disposizione dei comandi più convincente rispetto a quella del passato (mi riferisco principalmente a sd9). Per dovere di cronaca la qualità dei dettagli non è però al livello della concorrenza, ad esempio: l’accoppiamento delle varie parti non è sempre preciso, i fianchetti di plastica hanno un contorno irregolare, la verniciatura non è perfetta, il leggio è inqualificabile…. però a chi suona probabilmente poco importa. Appena accesa mi è piaciuta tantissimo, la grafica, i colori, contrariamente appena ho fatto partire il primo style che ci viene presentato (e che immagino dovrebbe essere il “cavallo di battaglia”) ho pensato di renderla immediatamente. Ma come sempre per parlare e prendere decisioni è meglio aspettare un po’ e così ho fatto. Ketron ci ha abituati da tempo ad introdurre materiale “audio” nei suoi arranger, nel passato indubbiamente era decisamente avanti alla concorrenza, solo che dalle Audya (che guarda caso valgono ancora tanto) alla Sd9 i passi avanti non sono stati poi così tanti (qualcuno sostiene addirittura che Audya suoni ancora adesso meglio…ma non ho strumenti per confermare o contraddire). Nel frattempo, la concorrenza con i midi ha fatto salti da gigante quindi effettivamente per svettare sarebbe servita veramente una rivoluzione che però secondo me non c’è stata. Sono stati introdotti i Real Styles e i Real Sound, assemblati con sequenze audio che si sostituiscono a quelle midi, ora oltre alle drum e alle guitar audio ci sono anche bass, pattern e fraseggi (chord) audio; quindi, uno style può essere composto anche interamente in questa modalità, e con i Real sound si completa l’arsenale sonoro della Event. Bello no? Ni… Il suono che esce dalle casse è molto convincente e molto realistico, gli arrangiamenti di alcuni style sono fatti molto bene (attenzione, Yamaha rimane la in cima!), alcune sequenze sembrano suonate live da un musicista “attaccato” al mixer, però ci sono ritardi nel cambio accordi e problematiche di fuori synchro in determinate situazioni. Questo per qualcuno può essere un problema minore ma per altri una discriminante importantissima. Mentre sul fuori synchro ho trovato una possibile spiegazione, ovvero dipende spesso dalla modifica “fuori range” del tempo (risolvibile ritarando correttamente i minimi e massimi – Ketron lo fa già), sui ritardi non ho spiegazioni tecniche alla mia portata, quindi non sono neanche in grado di dire se si tratta di un problema risolvibile o meno. Una nota positiva è data dal fatto che pilotando la Event attravesrso Cubase (quindi con una ritmica perfetta che manualmente non può essere replicata) i ritardi sono molto meno avvertibili, ma è chiaro che questa operatività non è praticabile live. Oltre a questi nuovi Real style sono presenti i Live e i midi style per mantenere la compatibilità col passato e riunire un po’ tutto il mondo Ketron all’interno della nuova ammiraglia. Il sound generale, comunque, non mi pare molto diverso da Sd9 la pasta è quella, pur con le aggiunte di cui ho parlato prima, a me piace molto, come quello di Sd9, alcuni Real sound sono spettacolari pur consci del fatto che a differenza dei midi hanno un decadimento naturale piuttosto breve, vanno usati sapientemente. Un po’ scomoda l’operatività degli upper perché ci sono solo due slider che regolano la voice 1 (che può essere composta da tre sound) e la voice 2 (anch’essa, con un artificio può essere composta da tre suoni); c’è un terzo slider riservato ai suoni di organo. Quindi parliamo in totale di cinque/sette Voci la cui regolazione però non può essere sempre in tempo reale. Per il lower invece è stato fatto un ottimo lavoro mettendo a disposizione altri tre sound con la possibilità di attribuire in automatico sulla triade i tre suoni differenti. Peccato che la stessa funzione non ci sia per gli upper, io l’avrei trovata decisamente più utile alla mano destra. Il sistema operativo e la sua logica rimangono di stampo Ketron e chi proviene dal passato si troverà immediatamente a suo agio, contrariamente a chi entra in questo mondo per la prima volta. Scelta discutibile il “piccolo” display da 7 pollici fisso, parallelo alla scocca e leggermente incassato: decisamente sottodimensionato e scomodo da utilizzare. Fortunatamente viene in soccorso la possibilità di utilizzare un monitor esterno (compresa la funzione touch) anche se al momento c’è qualche piccolo problema di gestione. Attualmente stanno girando due sistemi operativi differenti, 1.05 e 1.06 si ascolta “in giro” che le prime abbiano più bug delle seconde, state sereni perché ovviamente a breve usciranno gli aggiornamenti per tutti. Io le ho entrambe e nessuna delle due, per ora, ha avuto blocchi di nessun genere.
Conclusioni (con i titoli ho praticamente detto già tutto):
Genos la “Plasticona”, la più vecchia, la più collaudata
Pro Stabilità
Arrangiamenti
Gestione della Polifonia
Registrazione Step by Step
Contro Meccanica di medio livello
Sistema operativo limitato
Scocca in plastica un po’ delicata
Display fisso
Pa5X la Workstation “Zoppa”
Pro Suoni Top
Meccanica Top (semi-pesata)
Sistema Operativo molto Potente
Display Ampio, Dettagliato e Reattivo e Reclinabile
Contro Attualmente in fase “beta”
Arrangiamenti poco incisivi
Solo quattro Keyboard Set
Ancora Caricamenti Risorse Macchinosi
Event La Sd10
Pro Massimo Realismo negli Style
Batterie/Percussioni Top
Meccanica Top
Scocca compatta
Contro Ritardi al Cambio Accordo sugli Styles Audio
Qualche problema di sincronizzazione negli Styles Audio
Display sottodimensionato
Funzionalità ridotte rispetto alla concorrenza